mercoledì 2 luglio 2008

Cinquant'anni dopo.

Il 14 e 15 Giugno 2008 è stato festeggiato il cinquantesimo anniversario dalla conclusione del 9° Corso Allievi Sottufficiali dei Carabinieri. La celebrazione è avvenuta presso la Scuola Allievi Marescialli dei Carabinieri, a Firenze, già Scuola Allievi Sottufficiali. Su oltre 1000 allievi dell'epoca, ci siamo ritrovati in 170, circa, molti dei quali accompagnati dalle consorti. Rivedere quei luoghi familiari, respirare quell'aria impregnata di disciplina, attraversare ancora il cortile con il monumento al Carabiniere, che si doveva a quel tempo percorrere sempre di corsa, tutto ciò mi provocò un senso di ubriachezza e di estasi. A mia moglie, che stava al mio fiano, dicevo come in trance " vedi, da quì si va verso le camerate, da quì verso l'Aula Magna, da quì verso le aule...". Fummo avviati alla sala-mensa dove, tra un brusio indescrivibile, avvicinandoci l'un l'altro, " ma tu sei..... e tu......e tu.....". I nomi, i visi, tornavano alla memoria come se ci fossimo separati da appena un giorno. E lì, abbracci, baci, vigorose strette di mano, presentazioni delle rispettive consorti. " Ti ricordi quando...... e quando.....". Le rievocazioni si incrociavano, ognuno ricordava situazioni dove l'altro era stato coinvolto. Ad un certo punto qualcuno mi disse:
" guarda, c'è Abbatiello": un distinto, giovanile signore, mi stava davanti e mi sorrideva " ciao, sono Abbatiello, come stai? non sei cambiato...." e, rivolto a mia moglie, " tu dovresti essere E., ti ricordi ancora di me? Conservo una vostra foto di quando avevamo tutti cinquant'anni di meno". L'emozione ci sopraffece, qualche lacrimuccia sgorgò dai miei occhi. Il mese di esperimento di fine corso scorse davanti ai miei occhi come in un film. Mi ero appena ripreso dalla commozione quando qualcun'altro mi disse: " guarda, c'è anche Ruvolo ". Non lo ricordavo così: nella mente avevo la figura di un bel ragazzo alto, magro, sempre sorridente, con quell'aria tipica da "romanaccio", con quello squardo da prenderti quasi in giro. Vedevo ora una persona distinta, fisicamente appesantita, ma i tratti del viso ( anche se un pò deformati dal tempo), lo sguardo, l'atteggiamento, erano gli stessi. Ci abbracciammo con tutte le forze, balbettando frasi sconnesse, felici di esserci ritrovati. Sentivamo che la nostra sincera amicizia era rimasta immutata, e giù ad evocare ricordi, episodi tristi e allegri. Raccontai l'episodio delle 1000 lire del Colonnello, a Moncalieri. Ad un certo punto Abbatiello mi disse: " Ricordi Cabibbo? ", "certo, gli risposi, dov'è?". " non è più tra noi: subito dopo la nomina a ViceBrigadiere, pochi giorni dopo essere arrivato alla sua sede territoriale, si trovava in auto assieme al comandante dei Vigili Urbani. In un incidente stradale perse la vita, cinquant'anni fa ", mi rispose tristemente. In quell'istante notizia peggiore non poteva giungermi: mi sentii gelare il sangue nelle vene, sbiancai in volto; non ne sapevo niente. L'amico più caro, compagno della mia prima giovinezza, non c'era più: piansi, sinceramente addolorato ma, ad un certo punto sentii qualcuno che chiamava " Pino !". Un solo collega mi chiamava così durante la scuola allievi: Rossiello. Furono altri abbracci, altri ricordi cari cancellarono quasi la tristezza di prima. Mi si avvicinò Toldo, chiamandomi per nome, mi fece vedere alcune foto, io gliene feci vedere altre. Tra queste ne vide una che raffigurava me e Vignali, a Moncalieri. Mi disse che loro due si vedevano spesso, abitando nella stessa città, Parma, e mi diede, oltre al suo, il recapito telefonico di Vignali. Ora spesso mi metto in contatto con i miei amici, telefonicamente o via e-mail: non voglio più restare lontano da loro, anche se fisicamente lo saremo sempre. Rividi anche Catalano che, da sottufficiale prestò servizio a Milano, insieme a me: lui era alla Tenenza Ticinese, io alla Stazione di Porta Genova.
Cenammo tutti insieme, nella stessa sala mensa dove cinquant'anni prima consumavamo i pasti: il brusio era alto, tutti si scambiavano ricordi.
Il successivo 15 giugno, ci ritrovammo tutti nel chiostro di Santa Maria Novella, insieme a due Generali in servizio ( uno di Divisione, Comandante della Scuola Allievi Marescialli, l'altro di Brigata, Capo di Stato Maggiore) per assistere alla Santa Messa officiata da un Cappellano Militare. Erano in servizio d'onore due allievi, un ragazzo e una ragazza, in uniforme turchina. Ammirando quella divisa, con il filetto dorato attorno agli alamari, la stessa divisa che tanti anni prima avevo indossato, provai una sorta di angoscia: perchè il destino non volle che proseguissi nella carriera militare, come avevano invece fatto tutti i miei colleghi, carriera che era sempre stata il mio sogno?
Ma così và la vita, bisogna accettare tutto quello che ci offre senza rimpianti o recriminazioni.
Come Dio volle, la mattinata passò con velocità incredibile; ci ritrovammo tutti a pranzo e dopo.... gli addii. Abbracci, strette di mano, raccomandazioni di restare in contatto, scambi di numeri telefonici. Qualche lacrimuccia spuntava da molti occhi, compresi i miei. Il rientro a San Giustino fu piuttosto veloce anche perchè le frasi che scambiavo con mia moglie vertevano tutte sullo stesso argomento. Quei due giorni a Firenze resteranno sempre scolpiti nel mio cuore , insieme alla speranza di poter rivedere almeno qualcuno di loro, Dio permettendo.
Ho voluto ora con queste poche note, rivivere il passato, non per mettere in evidenza " la mia bravura" o i miei successi con le ragazze, ma per ordinare, almeno in parte, i miei ricordi e per dare modo a chi mi sopravviverà, di meglio conoscere il loro nonno o bisnonno o trisnonno. Chi avesse la pazienza di leggermi fino in fondo, perdoni qualche scorrettezza o qualche confusione e stia certo che avrà comunque il mio sincero "grazie".
Comunque quel sogno che ho cullato sin da ragazzo non si è mai sopito: la sola vista di un uomo in divisa da Carabinere lo fa sempre rivivere.
VIVA L'ARMA DEI CARABINIERI.
Giuseppe Zappalà.

P.S. : Se qualcuno volesse visitare il sito internet di mia moglie (http://www.elidemaurizi.it/) che fa la pittrice , mi farebbe enormemente piacere.

Conclusione.

Avrei tantissimi altri episodi da raccontare, vissuti durante la mia giovinezza e durante la mia vita sia militare che civile, ma non voglio ulteriormente approfittare di coloro che avranno il coraggio e la pazienza di leggermi fino in fondo ( come quella volta che, insieme con il mio amico Cabibbo, mi arrampicai tra i rami di un albero per fumare assieme a lui un intero pacchetto di sigarette Mentolo), ma non intendo concludere senza fare cenno a quanto intensamente vissuto pochi giorni fa.

In pensione.

Le mie attività nella vita civile mi procurarono una modesta pensione che, sommata a quella che percepisco per l'infermità contratta durante la mia breve carriera militare, mi garantisce la "sopravvivenza".
Ora passo il tempo dedicandomi all'assemblaggio di modellini navali. Ne ho costruiti tanti: il Titanic, la Victory, il Baunty, le tre caravelle di Colombo, il Cutty Sark, il San Giovanni Battista, il Mississipi 1970 ( il famoso battello fluviale spinto dalla grande ruota a poppa), e tanti altri. Ho adesso tra le mani l'Amerigo Vespucci e la Corazzata Bismark.
Ho due nipotine che adoro. Spesso le aiuto nei compiti di scuola, anche se sono già molto brave.
Nel prossimo anno scolastico la maggiore frequenterà la prima classe del Liceo Linguistico, mentre la piccolina affronterà le fatiche della prima Media.
A volte mi diverto in cucina a preparare pietanze siciliane e infine mi piace molto stare davanti al computer e giocare, in modo assolutamente gratuito, al poker americano con altri giocatori di tutto il mondo.

martedì 1 luglio 2008

Mia Madre.

Per pochi anni mia Madre occupò l'appartamentino dei miei suoceri; poi gli stessi locali necessitavano a mio cognato che si era sposato. Così approntai per lei una parte del mio ufficio e ve la feci trasferire. Consumava i pasti e dormiva nella sovrastante mansarda e, quando ero in ufficio, si siedeva vicino a una finestra e mi guardava lavorare. Quello sguardo fisso su di me mi dava all'inizio un certo fastidio, ma poi...per quanto tempo ho rimpianto quello sguardo che non sentivo più! Si ammalò: subì prima un infarto e poi un ictus. Fu ricoverata all'ospedale di Città di Castello, poi a quello di Perugia, a Monteluce e poi al Silvestrini. Tornata a casa, continuò ad aggravarsi, tanto da essere ancora ricoverata presso l'ospedale di Sansepolcro. Mentre ve la trasportavano mi disse che era stanca, molto stanca, e che era giunto il momento del riposo eterno. Disse ancora che se ne andava tranquilla, certa che restavo in buone mani; e poi c'era adesso la mia nipotina, che mi avrebbe fatto pensare ad altro. Tre giorni dopo, alle 13 in punto, mi trovavo ancora in ufficio. Mia moglie e mio figlio erano in ospedale ad assistere mia Madre. Ad un tratto sentii provenire dalla mansarda un rumore come di passi, chiarissimo. Com'era possibile, non c'era nessuno ! Pochi minuti dopo giunse mio figlio: aveva le lacrime agli occhi. Mi disse che la sua nonna alle 13 precise se ne era andata per sempre. Solo allora capii il significato di quei passi in mansarda: la mia cara Mamma, nel lasciare questo mondo, era passata a guardarmi ancora una volta e a salutarmi per sempre. Era il 4 maggio del 1995.

Ancora disillusioni.

Sembrava che il mondo assicurativo, a me gradito, in qualche modo mi respingesse.
Avvenne che un dirigente della Compagnia SIAD SpA proponesse a un noto personaggio perugino, proprietario di alcune testate giornalistiche, un mandato di agente. Si sentì rispondere che la cosa poteva essere presa in considerazione solo se si fosse trattato di una agenzia Regionale. Senza esitazione, il dirigente fece revocare tutti gli agenti dell'Umbria, ne riunì i portafogli che assegnò al nuovo agente. Convinse tutti i vecchi agenti, me compreso, a fare da subagenti, gestendo ognuno la propria clientela, facendo promesse mai mantenute. Deglutii il rospo, anche perchè mi venne liquidata una buona somma ( che utilizzai per contribuire alle spese per il matrimonio di mio figlio e per dare un sostanzioso acconto per l'acquisto della casa che tuttora abito) Dopo pochi mesi di collaborazione, ebbi uno scontro con l'agente e mi dimisi.
Conoscevo un mio coetaneo che faceva l'ispettore organizzativo per la Nationale SpA. Mi propose un mandato di agenzia per San Giustino che accettai con entusiasmo. Stornai il portafoglio accumulato con la SIAD, superando agevolmente tutti gli ostacoli che l'agente mi metteva davanti. La nuova agenzia crebbe molto velocemente, anche perchè ebbi la fortuna di servirmi di validi collaboratori. Gestii in modo fiduciario l'agenzia di Arezzo e quella di Bastia Umbra, i cui agenti avevano cambiato bandiera. La compagnia, alcuni anni dopo, cambiò la ragione sociale in MMI SpA e nel marzo del 2003 chiuse il contratto di agenzia a seguito del raggiungimento da parte mia dell'età pensionabile.

Il rientro a San Giustino.

Il giorno prima del rientro dalle vacanze a Giarre, un mio zio, Sebastiano, fratello di mia Madre, volle che lo accompagnassi a fare rifornimento di un'acqua speciale. In auto aveva diversi contenitori pieni di bottiglie a chiusura ermetica, vuote. Percorrendo una strada sterrata, giungemmo in una piccola radura, sull'Etna, e ci fermammo a pochi metri dall'ultima colata lavica, ormai fredda e pietrificata. C'era una piccola fontanella dalla quale fuoriusciva un getto d'acqua freschissima di un gusto gradevolissimo. Riempimmo tutte le bottiglie che avevamo e tornammo indietro. La mattina dopo, prima della nostra partenza, mio zio volle regalarmi un buon numero di quelle bottiglie, dicendomi che l'acqua contenuta si sarebbe mantenuta freschissima durante tutto il viaggio di ritorno ed anche oltre. Fui scettico ma non lo diedi a vedere: non volevo dare un dispiacere a mio zio che volle anche donarmi una somma di danaro più che sufficiente , non solo a coprire tutte le spese sostenute fino a quel giorno, ma anche da avanzarne abbondantemente. Circa l'acqua, dovetti ricredermi: quella consumata durante il viaggio fatto sotto un sole cocente, e quella avanzata per i giorni successivi aveva la stessa freschezza e lo stesso sapore di quando era appena sgorgata dalla fontanella sull'Etna.
Durante la mia permanenza a Giarre, andai a far visita a quasi tutti i parenti che mi erano rimasti, zii e cugini, compreso mio zio Nunzio, fratello di mio Padre, che non godeva più di una buona salute. Viveva con sua figlia, mia cugina Angelina, una ragazza della mia età, piuttosto scialba e molto segnata dalle dure fatiche che doveva continuamente sostenere. Era rimasta nubile per accudire il padre infermo e per occuparsi del fratello minore, Luciano, dopo che sua madre, mia zia Santina, era improvvisamente deceduta parecchi anni prima. Povera Angelina, che vita aveva dovuto vivere! Eppure era sempre sorridente, aveva accettato quella vita con gioia e senza alcun rimpianto. Naturalmente piansi e pregai sulla tomba di mio Padre che da quasi tre decenni riposava nel Cimitero di Giarre sotto un modesto monumento tombale.
Il viaggio di ritorno fu tranquillissimo. Giungemmo a San Giustino a notte inoltrata. Il mattino dopo, al risveglio, mia moglie mi raccontò il sogno appena fatto: aveva visto sè stessa, all'interno dell'auto lanciata a tutta velocità in autostrada. Guardando da un finestrino, aveva visto suo Padre, deceduto qualche mese prima, che correva al fianco dell'auto, curvo in avanti come se sostenesse un grande peso. Non seppi dare alcuna spiegazione al sogno, ma ne capii il significato il giorno dopo: un mio amico mi aveva chiesto in prestito l'auto per andare a Sant'Angelo in Vado. Durante il tragitto l'auto aveva avuto un guasto importante: si era spezzato di netto il semiasse della ruota posteriore sinistra, la stessa parte dalla quale mia moglie aveva visto suo Padre correre affiancato all'auto, come a sostenerla. Il guasto non ebbe, per fortuna, conseguenze tragiche, pur viaggiando il mio amico su una strada di montagna. Le continue curve e la bassa velocità avevano fatto sì che l'auto si fermasse sul ciglio di un burrone.

Le vacanze a Giarre.


Avevo di recente acquistato una Citroen-Maserati usata, targata FO. Nell'estate del 1983, con mio figlio diciottenne e con mia moglie, in auto, partii per Giarre con l'intento di trascorrervi un breve periodo di vacanza. Dopo un viaggio di circa 1.100 Km. vi giunsi fresco e riposato come se avessi percorso poche decine di km. Una mia zia, Sarina, sorella di mia Madre, volle ospitarci nella sua casa, mettendocela a completa disposizione, mentre lei rimaneva ospite di un mio cugino. Durante tutti gli 11 giorni della nostra permanenza a Giarre, mai consumammo un pasto in casa: cambiavamo ogni sera ristorante, gustando tutte le specilità locali, ma i pranzi li consumammo tutti in un ristorante di Torre, una vicina frazione di Giarre. Il locale era specializzato nella preparazione del pesce che gustammo preparato in mille modi. Il proprietario, saputo che ero un compaesano in vacanza, ci riservò un trattamento speciale, al punto che ogni volta spendevo una cifra quasi irrisoria. Una sera cenammo in un locale approntato su di una piattaforma formata da robusti tavoloni e costruita sul mare, a circa 20 metri dalla riva. Vi si accedeva attraverso un pontile, sempre in legno, poggiato su grossi tronchi infissi nel fondo marino. Tutto il complesso aveva vita stagionale: alla fine dell'estate veniva completamente smontato per essere ricostruito l'anno successivo. Avveniva che alcune barche di pescatori si avvicinavano alla piattaforma, offrendo agli avventori il pescato: ognuno sceglieva il pesce preferito che passava, per così dire, dal mare alla padella. Al ristoratore veniva pagata solo la preparazione dei vari piatti, mentre la materia prima veniva pagata direttamente al pescatore.
Quei giorni passarono in un baleno.

Il nuovo mandato di agente.


Misi una inserzione sulla Nazione, nella sezione richiesta di lavoro. Fui contattato da un ispettore della "Cosida Assicurazioni SpA". Mi venne rilasciato il mandato di Agente Generale per la zona di Sansepolcro, trovai gli uffici e iniziai a lavorare. Dopo circa un anno e mezzo, la compagnia, in stato fallimentare, fu assorbita dalla SIAD SpA, una compagnia di nuova costituzione destinata ad assorbire le compagnie in difficoltà. Con l'aiuto della mia Mamma, che nel frattempo avevo fatto trasferire a San Giustino, nello stesso appartamentino dei miei suoceri che avevo già occupato io, acquistai un appartamento al centro di San Giustino, in piazza Municipio, al secondo piano di un antico palazzo padronale. Per poter meglio tirare avanti, oltre a fare l'assicuratore, iniziai l'attività di consulente automobilistico. Presi il diploma di Ragioniere ( 60/60.mi) e mi misi a fare il commercialista. Aggiunsi un'altra attività: l'amministratore condominiale. Insomma è come se avessi installato quattro /cinque rubinetti dai quali scorreva un filo d'acqua: tutti i fili d'acqua riuniti formavano alla fine un sufficiente getto. Intanto mio figlio, conseguito anche lui il diploma di Ragioniere, presentò domanda per essere ammesso al corso ufficiali di complemento.
Quando mio figlio, superato il corso allievi ufficiali a Cesano di Roma, venne a casa per trascorrere la licenza di fine corso e me lo trovai davanti in divisa, con le stellette da Sottotenente sulle spalline, la fascia azzurra e la spada da Ufficiale, per poco l'emozione non mi sommerse. Vedevo in lui quello che non ero stato io e la commozione fu molto grande. Fu destinato, per svolgervi il servizio di prima nomina, a Gradisca di Isonzo, in provincia di Gorizia.
La prima volta che andammo a trovarlo, insieme alla fidanzata, sapendo che stavano per entrare in caserma i genitori dell'Ufficiale di Picchetto ( capitammo proprio in quell'occasione), il sergente al comando schierò la guardia, ordinando addirittura il presentat'armi. Volle che pranzassimo con lui alla mensa ufficiali, serviti da militari in giacca e guanti bianchi. Conoscemmo alcuni suoi colleghi, altri ufficiali più alti in grado ed anche il Colonnello Comandante. Ebbi la soddisfazione di sentirmi dire da questi che avevo un figlio veramente in gamba destinato ad una rapida carriera. Infatti, ultimato il servizio di prima nomina, declinò l'invito fattogli dal Colonnello di presentare domanda per la successiva ferma biennale, (garantendogli il suo aiuto per il passaggio in servizio permanente effettivo), e tornò a casa. Sono certo che se fossi riuscito a farlo entrare nell'Arma dei Carabinieri avrebbe continuato la carriera militare.